Stefano Pioli, allenatore del Milan, è stato ammonito dall’arbitro Doveri nel dopo-partita dello 0-0 in casa del Torino. A spiegare cosa è successo è lo stesso allenatore rossonero ai microfoni di DAZN lamentandosi per l’ennesima volta degli arbitri:
“Non ha senso continuare a dire che danno tanti minuti di recupero quando poi non fanno niente per non far perdere il ritmo alla partita. C’è modo per darlo, fai giocare… Ero un po’ nervoso ma non ho mancato di rispetto all’arbitro… Va bene così. Sapevamo della difficoltà della gara, loro creano problemi a tutti. Tante situazioni che potevamo sfruttare meglio. Non è un momento molto fortunati, siamo meno precisi del solito. Abbiamo battagliato, giocato bene, ci sta mancando il guizzo giusto.
Abbiamo fatto di tutto per metterli in difficoltà, qualcosina in lucidità ci è mancato. La squadra ha lottato e giocato, dobbiamo continuare su questa strada, ma qualcosa possiamo migliorarla. Non siamo stati ansiosi o nervosi, siamo stati convinti e compatti. Queste partite pesano, ci sta anche avere pressione. L’abbiamo voluta, siamo felici di averla e la stiamo gestendo bene. Scudetto? C’è molto equilibrio”, ha detto Pioli.
Stefano Pioli è intervenuto in conferenza stampa lamentandosi pure sulla questione degli orari in cui vengono giocate le partite di campionato dalle pretendenti allo scudetto. Le parole:
“L’Inter, su tredici partite nel girone di ritorno, ha giocato nove volte prima del Milan? Credo non sia giusto, sarebbe corretto che tutti giocassimo allo stesso orario ma giocare prima o dopo non fa la differenza. Se vuoi vincere lo scudetto, devi avere una mentalità vincente ma giocare allo stesso orario sarebbe la cosa migliore. Se con una media di 2.4 punti in trasferta si vince lo scudetto? Bisogna fare tanti punti e vincere tante partite e credo che la squadra abbia le qualità per farlo. La partita di domani è la più importante e bisogna pensare a quella”, ha detto Pioli.
Nel 1955 Angelo Moratti diventò il presidente del Inter. Ma chi era quest’uomo prima di diventare il presidente dell’Inter e come mai Angelo Moratti decise di comprare l’Inter e cambiare per sempre la sua storia? Angelo Moratti figlio di Albino (1874 – 1923), farmacista in piazza Fontana a Milano, rimase orfano della madre Gilda molto presto. Il rapporto difficile con la matrigna lo portò ad allontanarsi dalla casa paterna da ragazzo, affidandosi all’indubbio ingegno personale a supporto di una tenace forza di volontà. Incomincia a lavorare a 16 anni, esercitando vari mestieri. In seguito, da rappresentante di combustibili diventa egli stesso produttore, dopo l’acquisto di una torbiera. Nel 1932 Angelo Moratti sposa Erminia Cremonesi (1907 – 1989), la mamma di Massimo, notevole e tifosissima dell’Inter che porta suo marito a vedere le partite dei nerazzurri. Come disse lei: “Una volta lo portai allo stadio per una partita e da quel momento Angelo si innamorò pazzamente di questa squadra”.
Nel 1955 Angelo Moratti divenne presidente dell’Inter. Da allora il suo obiettivo fu quello di costruire una squadra per eccellere in ogni competizione, ma gli inizi non furono facili per lui. Moratti impiegò otto anni per vincere il suo primo scudetto e in quegli anni cambiò ben sette allenatori, non riuscendo mai a far decollare la sua squadra.
Dopo una partita di Coppa delle Fiere nella quale il Barcellona travolse l’Inter, Moratti decise di ingaggiare l’allenatore dei catalani Helenio Herrera. La scelta, alla luce dei risultati ottenuti, si dimostrò ampiamente indovinata: per completare il quadro societario venne ingaggiato Italo Allodi, un manager in grado di allestire una squadra competitiva e vincente ad ogni livello. All’interno della squadra si aggiunsero presto Mario Corso e due giovani della primavera: Giacinto Facchetti e Sandro Mazzola, che dopo diventeranno due leggende dell’Inter.
La squadra impiegò tre anni per vincere il suo primo scudetto ma, da allora, continuò a raccogliere straordinari successi, inducendo molti a definirla la migliore squadra del mondo del periodo. Herrera, o HH (come viene spesso chiamato), costruì la sue vittorie con la tattica del catenaccio: in porta c’era Giuliano Sarti, prelevato dalla Fiorentina; la difesa veniva guidata dal libero Armando Picchi, capitano di quella squadra e autentico leader; davanti a lui c’erano due marcatori arcigni come Tarcisio Burgnich e Aristide Guarneri. Sulla fascia sinistra venne attuata la prima rivoluzione tattica di Herrera: Facchetti diventò il primo terzino capace di affondare in avanti e trasformarsi in una vera e propria ala. A centrocampo il regista era Luis Suarez che il tecnico volle a tutti i costi dopo averlo avuto al Barcellona; con i suoi lanci lunghi Suarez era in grado di servire palloni preziosi, principalmente alla velocissima ala destra Jair. Il centrocampo venne rinforzato da Gianfranco Bedin; l’estrosità di Mario Corso dava un tocco di fantasia alla squadra, e in attacco Mazzola fungeva da mezz’ala con al centro Joaquín Peiró.
Dopo il primo scudetto del 1963 arrivò anche la prima Coppa dei Campioni vinta contro il grande Real Madrid. L’Inter vinse per 3-1 con due gol di Mazzola e uno di Milani allo Stadio del Prater di Vienna. In quell’anno giunse anche la Coppa Intercontinentale vinta battendo l’Independiente; dopo aver perso la gara di andata in Argentina per 1-0, i nerazzurri vinsero a San Siro per 2-0 con le reti del solito Mazzola e Corso. Nella terza e decisiva partita giocata allo stadio “Santiago Bernabeu” di Madrid l’Inter vinse per 1-0 con gol di Corso nei supplementari.
La medaglia d’onore e tutti i nostri più caldi ringraziamenti a Erminia Cremonesi che ha sempre sostenuto suo marito a non mollare mai e a dare sempre il massimo. Erminia Moratti non è stata solo la madrina e l’alleata di Angelo nella sua battaglia per portare in alto il nome dell’Inter, ma è stata proprio la signora dell’Inter, il suo grandissimo cuore nerazzurro.