GdS – Ferri interista vero: il no alla Juve e la fedeltà all’Inter

Riccardo Ferri ritorna da dove aveva cominciato, ritorna a casa, all’Inter. Un sogno che si realizza per una seconda volta. La Gazzetta dello Sport racconta la storia dell’ex difensore nerazzurro:

“A Pino Bussi servono pochi minuti per rimanere colpito, sui campi di Rogoredo. Ci sono due ragazzini di quattordici anni che hanno attirato la sua attenzione. Così li segnala subito all’Inter, che poi decide nel 1977 di accoglierli nel proprio settore giovanile. Riccardo Ferri esulta come se avesse segnato, Beppe Bergomi invece non fa una piega. All’epoca, Ferri veniva schierato come ala destra. Poi passa a centrocampo, per migliorare i movimenti della fase difensiva. Finisce per arretrare ancora finché Trapattoni non lo inquadra come stopper. In pratica gli toccano gli avversari più difficili da marcare. Tra cui Maradona: “Ti mandava fuori tempo e facevi una figura di m… Ci pensavamo dieci volte prima di avventarci su di lui: una finta di corpo e la palla spariva”.

GLI INIZI

“Ferri nasce a Crema nel 1963 – si legge -. La famiglia è umile, il padre è un operaio e la madre si prende cura dei tre figli. Il padre ha un sogno: che almeno uno dei suoi ragazzi diventi un giocatore. Sarà accontentato sia con Giacomo – bandiera del Torino – che con Riccardo, che vuole imitare il fratello maggiore, anche se quando c’è da affrontarsi in Serie A non si parleranno prima delle partite. Intanto colleziona le figurine, senza sapere che qualche anno dopo ci sarebbe finito anche lui sopra”.

L’INTER

“La carriera di Riccardo Ferri è legata in maggior parte all’Inter, dove gioca per diciassette anni, di cui quattro anni di vivaio. L’esordio avviene nel 1981, è Bersellini a volerlo gettare nella mischia. Due anni dopo sarà un titolare inamovibile, in quello successivo troverà il primo gol in Serie A, di testa proprio contro la Juventus. Dopo i Mondiali d’Italia, gli arriva una proposta proprio dalla Juve: un’offerta ricca, avrebbe guadagnato il 30% in più. Ma non basta a farlo vacillare. Ferri ha sempre ricordato con orgoglio il no ai bianconeri, perché all’epoca non si cambiava squadra per vincere ma ci si doveva impegnare per farlo con la propria maglia. La sua era quella dell’Inter e non poteva essere altrimenti, in poche parole un interista vero”.

TROFEI E RITIRO

“In nerazzurro vince lo scudetto del 1989, quello dei record: sarà parte di quella linea difensiva che subirà soltanto 19 reti in campionato, fissando il primato di punti dell’epoca a 58. Oltre ad una Coppa Italia (1982) e a una Supercoppa Italiana (1989) alzerà anche la Coppa Uefa nel 1994. Un addio dolcissimo, con una nota di tristezza. Non al meglio fisicamente, appena rientrato da un serio infortunio muscolare, comunicherà a Marini di non voler scendere in campo nella finale di ritorno; entrerà soltanto al 67’. È l’epilogo, insieme a Zenga si trasferirà alla Sampdoria dopo la chiamata dell’amico Mancini. Giocherà altri due anni e a soli 32 deciderà di smettere”.

SOLO INTER

“Ferri è sempre rimasto in contatto con l’Inter e spesso ha partecipato alle partite riservate alle leggende. Dopo aver allenato le giovanili nerazzurre negli anni scorsi, è pronto ad un nuovo capitolo con le stesse tinte. Sarà il Club Manager dei nerazzurri e lavorerà al fianco di Simone Inzaghi, nei confronti del quale ha sempre avuto parole di ammirazione per il gioco espresso dalla squadra. Un ruolo che interpreterà con una passione sincera, un sentimento che si percepisce forte quando pensa ai due anni alla Sampdoria: “È stata una parentesi bellissima, in una città che ho amato e con una tifoseria che ho amato, una maglia che ho rispettato ma non l’ho mai baciata. Io ho baciato la maglia dell’Inter. Punto”. Non serve aggiungere altro”.
La Gazzetta dello Sport

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